Seven Winters in Tehran
- Steffi Niederzoll
Teheran, 7 luglio 2007: Reyhaneh Jabbari, 19 anni, ha un incontro di lavoro con un nuovo cliente. Lui tenta di violentarla, lei lo accoltella e fugge. Più tardi, viene arrestata e accusata di omicidio. Nonostante le numerose prove di legittima difesa, Reyhaneh in tribunale non ha alcuna chance, perché il suo aggressore era un uomo potente che, anche da morto, viene protetto da una società patriarcale. Grazie a video registrati in segreto forniti dai familiari, alle loro testimonianze, e alle lettere scritte da Reyhaneh, il film ripercorre il processo, la detenzione e il destino di una donna diventata simbolo di resistenza per un intero Paese. La sua lotta per i diritti rispecchia quella di tante altre donne, facendo luce sulla condizione femminile in Iran.
Distribuzione italiana: I Wonder
Steffi Niederzoll è nata a Norimberga nel 1981. Ha studiato arti audiovisive presso la Academy of Media Arts di Colonia (KHM) e alla Escuela de Cine y Television di Cuba (EICTV) dal 2001 al 2007. I suoi cortometraggi sono stati proiettati con successo in numerosi e importanti festival cinematografici nazionali e internazionali, come la Berlinale. Ha partecipato a diverse masterclass di regia ed è stata borsista presso l'Accademia culturale di Tarabya, in Turchia. Oltre al suo lavoro cinematografico, è impegnata in altre discipline artistiche. È stata membro del collettivo "1000 Gestalten", che ha fatto scalpore in tutto il mondo per la sua performance durante il vertice del G20 ad Amburgo, e le cui opere collettive sono state presentate, tra l'altro, al Brecht Festival, alla Kunsthalle Baden-Baden e al Museo d'Arte Contemporanea di Roskilde e Vejle, in Danimarca. Insieme a Shole Pakravan, ha scritto il libro How to Become a Butterfly, pubblicato da Berlin Verlag nel 2023. Seven Winters in Tehran è il suo primo lungometraggio documentario.
Avevo letto di Reyhaneh Jabbari su un giornale. Il suo caso era stato seguito con particolare attenzione in Germania, perché uno zio di Reyhaneh vive qui. Tuttavia, all'epoca era solo una tra le tante notizie strazianti che avevano catturato la mia attenzione. Poi, nel 2016, tramite il mio partner iraniano di allora, ho incontrato a Istanbul il cugino di Shole, la madre di Reyhaneh, e sua moglie: erano fuggiti dall'Iran per mettere al sicuro del materiale filmato clandestinamente relativo al caso di Reyhaneh, e ora erano bloccati in Turchia. È stato così che ho visto un video particolarmente commovente: mostra Shole seduta in un'auto davanti alla prigione, in attesa di sapere se a sua figlia sarà concessa la clemenza o sarà giustiziata. Questo momento pieno di speranza e disperazione ha lasciato un segno indelebile nella mia memoria. Nel corso di diversi mesi ho viaggiato ripetutamente in Turchia, siamo diventati amici, e mi hanno chiesto se con quel materiale potevo realizzare un film. Steffi Niederzoll