- 2016
- 72'
Lingua: Olandese e inglese
- Sottotitoli: Italiani
SINOSSI
In un’aula scolastica in Sicilia, alle porte della Fortezza Europa, dei rifugiati recentemente sbarcati assistono alla lezione di un insegnante dal comportamento decisamente scostante: prima li redarguisce, poco dopo si placa e gli dà il benvenuto. Al confine tra documentario e finzione, il film indaga i rapporti di potere tra Europa e migranti. L’Europa è rappresentata dall’insegnante, che porta all’esasperazione la classe prima con dichiarazioni provocatorie, poi con un benvenuto carico di complessi di colpa, e un atteggiamento frutto del compromesso tra i due estremi. Stranger in Paradise è un implacabile saggio sui meccanismi attraverso i quali l’Europa affronta la ricerca di felicità dei rifugiati.
Festival:
- IDFA
- True/False
- CPH:DOX
- DocAviv
- Biografilm
NOTE
Proiezioni a Internazionale a Ferrara alla presenza del regista Guido Hendrikx
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DICHIARAZIONE
«Ho cercato di guardare alla Terra come dall’alto, in contemplazione, evitando qualsiasi giudizio morale. Tutto è cominciato nel maggio 2013 con una visita all’isola di Lampedusa. Lì incontrai alcuni dei migranti appena sbarcati, e i loro sogni pieni di speranza per il futuro sembravano scontrarsi con un’Europa che aveva molto poco da offrirgli. Mi aveva colpito come chi è felice tratta il desiderio di felicità degli altri, e i contorni del mio film sono cambiati poco da allora, ho sempre voluto rendere questo rapporto di potere non solo visibile, ma percepibile. La prima idea fu di girare il film a Lampedusa, ma non era possibile e allora abbiamo scelto la Sicilia. Poi volevo trovare una situazione claustrofobica, che enfatizzasse quel rapporto di forza, ed è venuta così l'idea della classe. I protagonisti sono veri migranti, arrivati da alcuni giorni o da poche settimane, con loro siamo stati molto trasparenti: “Vi metteremo di fronte a tutto quello che si dice in Europa sulla crisi dei rifugiati, e vorremmo che voi reagiate e troviate la vostra voce in questo sistema”. Mi interessava anche che il pubblico non arrivasse a conoscerli uno per uno, è stata una scelta di principio, non volevamo mettere loro al centro perché ci sono già molti documentari che lo fanno, e trovo problematico e superficiale quando un regista pensa di poterci far entrare nella testa di un rifugiato. Come possiamo davvero immaginare quello che hanno passato quando viviamo in un modo così diverso?»
Guido Hendrikx
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